Una campagna con tanti bassi e pochi alti, che sarebbe stata meglio in modalità singola giocatore. Tanto riciclo e una storia già sentita.
Dopo aver giocato tutto l’anno il capitolo del 2024, ammetto che non attendevo con particolare ansia Call of Duty: Black Ops 7. Anzi, dopo diversi anni, è stato il primo capitolo che non avevo intenzione di comprare. Fortunatamente non ho dovuto farlo: Activision è stata così carina da inviarmi un codice (dell’edizione più costosa tra l’altro). Quindi, in barba al conflitto d’interesse, ecco la mia recensione della campagna dell’ultima edizione del franchise sparatutto targato Activision.
Non per persone solitarie
Una delle novità di Call of Duty: Black Ops 7 è la campagna cooperativa, la quale sostituisce la più tradizionale campagna singolo giocatore. Se si preferisce un’esperienza da solitario è comunque possibile giocare da soli non invitando altri giocatori durante la selezione della missione. Un’opzione che però non consiglio perché la campagna è stata concepita per essere giocata con altre persone. E non parlo a livello di gameplay (le missioni sono completabili da soli) ma a livello narrativo. La sceneggiatura è stata scritta per quattro personaggi, i quali sono presenti nelle cutscene e parlano tra loro, a prescindere da quanti giocatori ci siano in partita. Giocare da soli, come ho provato a fare, crea un senso di dissonanza poiché si sentono dialoghi tra persone non effettivamente presenti in gioco. Sembra quasi di avere le visioni. Che poi in realtà è il tema di questo capitolo.
Vedere cose strane
La storia vede come protagonisti quattro membri di una squadra JSOC d’élite guidata da David Mason, il protagonista di Call of Duty: Black Ops 2. La missione è fermare La Gilda, e il suo piano malvagio di diffondere un potente patogeno capace di uccidere e provocare forti allucinazioni. La solita trama, sentita altri mille volte, piene di cliché e frasi fatte. Nulla di memorabile o degno di nota.
Call of Duty: Black Ops 7 è il seguito diretto di Black Ops 2, prequel di Black Ops 3 e 4, e non ha alcun legame con gli eventi di Black Ops: Cold War e il suo seguito Black Ops 6, i quali sono considerate storie alternative separate.
Nella prima missione i protagonisti vengono infettati da una sostanza che genera allucinazioni condivise, basate su ricordi traumatici. Questo meccanismo permette di trasportare il giocatore in livelli onirici e impossibili, dove la gravità è un optional e i boss di fine missione assumono forme surreali. È un’idea originale, anche se non del tutto nuova, che purtroppo non viene sfruttata fino in fondo: i nemici restano gli stessi di sempre e il gameplay varia poco, anche nelle sezioni più strane. Alcuni livelli rielaborano scenari già visti nei capitoli precedenti, ma in versioni distorte e più brevi. Una specie di fanservice, o flashback degli eventi passati.
Meglio solo che mal accompagnati
La cooperativa penalizza fortemente la spettacolarità e la drammaticità tipiche della serie. Non ci sono situazioni stealth ben orchestrate, fasi investigative, né libertà d’azione come in una modalità solista, come non è possibile scegliere il livello di difficoltà (addio run a veterano): tutto è calibrato per l’online, il che riduce il coinvolgimento narrativo.
Qualche momento interessante c’è, e riesce, in totale, a essere sufficientemente divertente nelle sue cinque/sei ore di durata. Tuttavia è una delle campagne più deludenti della saga, soprattutto se confrontata con quella eccellente del capitolo dello scorso anno. Inoltre, a mettere sale sulla ferita, devo segnalare la presenza di diversi elementi riciclati, come ad esempio gli zombie. Seppur non facciano parte della storia, con la scusa delle allucinazioni, vengono riproposti più volte come nemici. Addirittura, uno dei livelli è la mappa Skyline di Black Ops 6, mentre un altro è anche una mappa del multiplayer. Posso capire che, dovendo fare un gioco all’anno, riutilizzare gli asset già fatti sia un risparmio di tempo ma fatto così mi sembra una presa per i fondelli.
Super salti e teletrasporto
Sul fronte del gameplay, la base rimane quella di Modern Warfare (2019), ma vengono introdotte abilità “futuristiche”: supersalto, rampino, teletrasporto e poteri derivanti dall’infezione. Alcune di queste, come il teletrasporto, risultano troppo surreali e incoerenti con la lore del gioco. Durante le missioni si raccolgono armi classificate per rarità, corazze e casse di munizioni, oltre a “serie di punti” e abilità speciali. Queste ultime e le armi sono randomizzate per ogni giocatore e partita.
Poiché la campagna è esclusivamente cooperativa e online, i progressi (armi, abilità, potenziamenti) si trasferiscono anche nel multiplayer. Per quanto possa essere utile fare carriere online anche giocando la campagna, tutti gli avvisi relativi al progresso rovinano quel poco di atmosfera della storia. I nemici sono più resistenti rispetto ai precedenti capitoli, e sembra che la salute venga scalata in base al numero di giocatori, forse per evitare che un solo partecipante domini la partita.
In generale Call of Duty: Black Ops 7 non porta nulla di nuovo al franchise. La mancanza di vere novità è ormai una critica e una caratteristica di quasi tutti i capitoli, e non è di per sé un problema se la qualità viene mantenuta. Qualcosa che non posso dire di questo capitolo, almeno lato modalità storia.
Endgame
L’endgame propone una grande mappa suddivisa in quattro zone di pericolosità crescente, all’interno delle quali si svolgono missioni libere. Purtroppo, l’ho trovata noiosa già dopo pochi minuti: sembra un’aggiunta di contorno, più che un vero proseguimento narrativo. La storia si conclude comunque nella campagna principale, quindi questa parte extra non sembra necessaria, e personalmente è facilmente evitabile.
Perché fare una campagna solamente cooperativa?
Per completare la campagna non sono necessari compagni; non sono presenti elementi di gameplay che richiedono più giocatori. Non c’è un solo motivo per cui questa campagna necessita di essere cooperativa. Nessuno.
Non comprendo quindi questa decisione, soprattutto perché colpisce negativa l’esperienza: essendo multiplayer non si può mettere in pausa, se si viene disconnessi o si esce durante una missione bisogna ricominciarla da capo. Tutte cose normali essendo online multigiocatore; non poteva essere fatto altrimenti. Poteva essere però evitato rendendo la campagna singolo giocatore, con l’opzione di poter giocare in coop.
Se avessero avuto coraggio, sviluppando una campagna esclusivamente giocabile in coop, come It Takes Two forse sarebbe venuto fuori qualcosa di nuovo e realmente originale. Così invece sembra mezzo lavoro, fatto assemblato tante cose messe insieme e usando una scusa narrativa per dargli un senso.
scritto da Filippo Giacometti e pubblicato il giorno